I topi del Tevere


Una volta, con una ragazza che avevo quando avevo le ragazze, facemmo il gioco del “perché mi piaci tu”.
Consisteva nel fatto che io dovevo dire perché mi piaceva lei, pardon, perché ne ero così infinitamente innamorato, scherziamo?! In altro modo, dovevo tesserne le lodi.
Non sapevo da dove cazzo iniziare, a me piaceva per un unico, banale, semplicissimo motivo, l’unico motivo al mondo che porta un uomo a desiderare una donna: era una gnocca.
No, nessuna anima, alcuna energia, per nulla colpi allo stomaco, morsi di febbrile eccitamento. Nulla di tutto ciò, ma solo il fisico piacere di toccarla, annusarla, guardarla, baciarla, e tanto altro che si legge in altri blog che parlano di cose sporche, tipo quello di Valentina Maran.
Alfine lo sforzo di sopravvivenza mi portò a formulare tre o quattro frasi che a me non convincevano per nulla, ma, dev’essere stato il modo con cui le dissi, lei ne rimase stupefatta.
Era contenta come una bimba a cui regali un pony bianco. Vedeva la rappresentazione delle propria malizia da donna disegnata nelle parole che pronunciai. Non ricordo cosa dissi, ma di certo doveva essere una roba tipo “Mi piaci perché quando sorridi il mondo non ha più senso”, o anche “Ti amo perché c’è qualcosa di inspiegabile che mi porta a concentrarmi solo su di te”, e ancora “Ti desidero in ogni attimo della giornata”.
Cazzate!, di inspiegabile c’era solo il senso di quella discussione. Metapensiero!
Le avrei detto più volentieri che mi piaceva il modo con cui cercava con le mani le mie parti basse, o che morivo all’idea che fosse china su di me, o ancora che la sua pelle liscia e vellutata mi mandava su di giri, ma sai gli schiaffi ipocriti che sarebbero volati!? Perché rovinare tutto con la materia, meglio rimanere sul vago, sorrido, l’accenno di un sorriso e ci siamo guadagnati la pagnotta, ma anche la possibilità di dire “E tu, perché mi ami?”
“No, io no ti amo affatto”, avrei voluto mi rispondesse, così per ridere un po’, perché con la propria compagna sarebbe simpatico ridersela e prendersi poco sul serio. Macchè, da una donna cerchi autoironia?
Rispose qualcosa che faceva molto ridere, ma solo me purtroppo.
“Mi piaci da qui a qui”, fece, indicando il punto che va da sotto l’ombelico fino alla “zona rossa”. Ma come? Da li a li?, ma quel pezzo di corpo ce l’hanno tutti… mica solo io!
No, ma non solo per quello. Menomale, e per cosa ancora amore mio?
“Mi piace che porti le maniche delle maglie fin sopra le mani” sorride. Io la disprezzo.
Neanche le mani!, neanche le mani le piacciono, le vuole coperte… ma allora, ma allora, non le piaccio io, le piace la taglia delle magliette che decido di acquistare.
Bisogna amare tutto di una persona, come diceva Gaber, anche la taglia delle maglie che uno porta.
Ecco appunto, a volte dimentico le cose basilari della mia vita, tipo le conclusioni a cui giunsi dopo questo dialogo con la ragazza di quando avevo le ragazze. Dimentico di quanti sforzi abbia fatto per raggiungere i miei risultati, di quanta tacita sofferenza ho dovuto ingegnarmi ad ascoltare per essere l’uomo che sono. Per ricordare, talvolta, devo scoprire le ferite ancora aperte e battere un colpo per capire se sono ancora li, vive, sanguinanti, vecchie compagnie di notti insonni. In questi giorni ho riaperto delle ferite, le ho lasciate rosicchiare dai topi del Tevere mentre bevevo un mojto e poi me ne sono andato a casa a dormire.

G_

Caccia al nome

Cari tutti, è giunta l'ora di chiudere il "cantiere in corso" e inaugurare un nuovo blog. Intendo dire che, lasciando inalterati i contenuti attuali, ho intenzione di sostituire la grafica e la piattaforma google per acquistare un dominio mio. Il tutto entro settembre. La mia intenzione è quella di conferire al blog una nuova e più professionale veste grafica. In occasione di tutto ciò sto pensando (su suggerimento di molti lettori) di cambiare anche il titolo perchè, appunto, i "lavori in corso" possono dirsi terminati, e anche perchè a quanto pare "Parole in corso" fa schifo :). Alcuni di voi si sono proposti di aiutarmi in vari ruoli e ringrazio loro in anticipo per questo. Rinnovo dunque l'invito a voi tutti di mandarmi gli scritti depositati nei cassetti per condividerli insieme ai miei, ma prima di tutto chiederei di aiutarmi a scegliere il nuovo nome del blog. Sono certo che non si sprecheranno stravaganze e ironie, ma conto di trarre proprio da queste le idee migliori.Dunque apro con questo post la caccia al nome,sperando di vedere in poco tempo un elenco di proposte esilaranti.La mia prima è:- Inenarrabile (sarrebbe www.inenarrabile.-)Divertitevi.

La gravità


Quelli con lo scooterone a centoventi ovunque, spesso riversi a terra agli incroci, con le donne depilatissime, quasi levigate, e superabbronzate avvinghiate dietro che pensano per tutto il tempo “ammazza quant’è fico er ragazzo mio, ammazza quanto sò fica io... ammazza quanto semo fichi”. Forse non costruiscono la frase proprio in questo modo, ma teoricamente è questo il concetto.
Tu nell’Y10 verde sporca sei una merda. Bianco da far ridere i bambini che fanno i castelli di sabbia sul bagnasciuga, pieno di nei che la macchina che mappa i nei si rifiuterebbe di disegnare il catasto del tuo patrimonio tumorale benigno, magro e così poco allenato che non ti arruolerebbero neanche nei kamikaze, sempre con la fronte aggrottata, sempre a pensare, pensare, pensare. A chi piace più pensare? Pensare non piace più a nessuno, chissenefrega, è passato di moda.
Gli occhiali da sole semmai sono alla moda.
Quelli sullo scooterone con ragazza depilata al seguito, che probabilmente la si prende direttamente al concessionario che te la trovi già seduta sulla sella nel motosalone*, ti superano abbagliandoti con gli occhiali da sole a specchio a goccia. Anzi no, a specchio l’ha lei; lui l’ha affumicati o tutti neri. Anche lui è abbronzantissimo, guardaroba solo di camice biance, cinte e occhiali da sole. E Acqua di Giò (si scrive così?).
Quanto si spende in occhiali da sole? Troppo forse. Ora, non per fare l’africanista, che gli africanisti non li condivido neanche io, ma in Africa non possono avere neanche gli occhiali da vista e noi siamo pieni di occhiali da sole. Maccheccazzocenefotte. Forse meglio non vederci chiaro nella vita.
Che bei visi abbronzati che abbiamo. Ma tanto non arriveremo mai ad abbronzarci quanto gli africani. Loro il nero ce l’hanno nel DNA, a noi tocca fare la fila in auto per andare a Capocotta al mare ad aragostarci prima di imbrunirci. Ecco perché quelli dagli scooteroni parecchio grossi comprano degli scooteroni parecchio grossi. Per non fare la fila. E per trovare parcheggio. Per sbrigarsi a scendere in spiaggia e prendere tutto il sole che c’è.
Poi quelli degli scooteroni, abbronzantissimi e levigatissimi, quando scendono dallo scooterone sembrando tozzi, rozzi e tuffellari pure. Bah, di fondo sono tutti tufellari come categoria dello spirito** quelli così. Le loro abbronzate donne anche peggio. Abbronzate che sembrano sporche. Sono sporche come categoria dello spirito**.
Io ho delle cose lisce e levigate in casa, ma non la donna annessa alla sella della moto. Forse avrei dovuto comprarne uno nuovo e molto più grande di quello che ho io di scooter. Ma non volevo spenderci troppo, non volevo fregarmene un cazzo dello scooter se si graffia o se me lo fottono, voglio proprio vederlo quello che mi frega quel motorino, gli voglio fare i complimenti!
Forse avrei dovuto aumentare il peso dei bilancieri in palestra quando a quindici anni facevo le distensioni su panca orizzontale invece di guardare le mie coetanee che tanto, dovevo saperlo, non c’avrei mai fatto nulla. Per fortuna o purtroppo non so ancora. Ma quando caricavo pesi in palestra mi sentivo troppo idiota chè già si fa troppa fatica a contrastare la gravità a corpo libero, pensa se mi vado a caricare di tutto quell’altro fardello inutile. Distendermi su una panca orizzontale stretta e già sudata da altri e contare fino a dieci levate, con uno che ti sta dietro che devi stare attento a non strozzarti col bilanciere, è una cosa parecchio faticosa. Forse molto più faticosa che non avere una donna abbronzantissima.
Forse in questi giorni dovrei andare ad ustionarmi in spiaggia e poi indossare camicie banche e recarmi a Trastevere e attendere che accada qualcosa.
Ma la sera sono troppo stanco, e il giorno mi va di fare altro, ormai mi sono abituato a lavorare. Il lunedì mi sveglio tardi e almeno per un’oretta medito su come trascorrere l’intera settimana. Poi mi ritrovo a fine settimana che tutto è fatto così come appuntato sull’agendina rossa, ma io non me ne sono neanche accorto. E così il lunedì di nuovo, mi fermo un’ora, organizzo, faccio e non ricordo. E così finché la gravità smetterà di preoccuparmi.

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* Citazione necessaria, Rino Gaetano “Spendi, spandi, effendi” – a duecento c’è sempre una donna che ti aspetta, sdraiata sul cofano all’autosalone, e ti dice “prendimi maschiaccio libidinoso, coglione”.
** Citazione necessaria, Davide Fanigliulo in un dialogo tra amici – leccesi come categoria dello spirito.


G_

Ieri


Ieri,
ho cercato dell’altro oro tra la mia musica
mentre scorrevo le tue foto.

Di fronte a una di esse tutto si è fermato.
I soffi ignoti della stanza
hanno smesso di turbare
la fiamma della candela accesa,
il sonno di costringere
i miei occhi a chiudersi.

E hai preso vita tu.
I tuoi occhi per primi.
Hanno preso vita e mi hanno
guardato.

M’attendevano.


G_