Le piccole cose

Delle persone sono belle le piccole cose. C. per esempio era bellissima quando faceva le facce in webcam. In quei momenti M. avrebbe voluto morire per poter baciare quell’angolo di labbra che disegnavano l’f del violino. Erano bastate frasi come queste e quello stupidissimo giochino di scrivere le frasette al contrario sui post-it per creare quell’atmosfera ipnotizzante tra i due. Spesso le cose migliori nascono involontariamente.

Quando C. ed M. chattavano, quando si guardavano in webcam era tutto un altro mondo, un altro angolo di mondo da cui tutto era escluso.
Solo loro due, le loro risate, il loro modo romantico di sfottersi, gli occhi infinitamente dolci di lei, il suo sorriso, il suo visino, che era diventato “Vissino” per un errore di digitazione sulla tastiera.. “come in una canzone di Capossela” le disse lui una volta. E quella fu un’altra mossa incredibilmente azzeccata quanto involontaria. Sia l’errore della doppia esse, sia la cosa di Capossela.
“Dove ti piace essere baciata?” Le aveva chiesto M. durante una delle loro conversazioni, e lei garbatamente esclamò solo il suo nome, come a dire “..che domande fai?”. Bella l’ipocrisia femminea. Bello l’autoconvincimento a dover sembrare per forza esseri puri. “Poi potrebbe pensare che sono una puttana!”… “Mica starà pensando che sono grassa!?”… “A cosa stai pensando?”…

C - “Non mi guardare le mani che mi dà fastidio”…
M - “Ti dà fastidio o ti do fastidio?”
C - “Beh, certe volte mi dai anche un po’ fastidio”
M - “Come “anche un po’ fastidio”?... e perché non me lo hai detto prima?”
C - “Ma, non volevo farti stare male”
M - “E che ne sai tu quando e come farmi stare male?”
C - “Beh, se dici una cosa del genere alle persone uno si offende, penso, no?!.. è abbastanza normale”
M - “Ma perché devi per forza incanalare tutto dentro degli standard, le persone si offendono regolarmente…”
C - “Mio dio quanto sei pesante certe volte…”
M - “Ah!, pesante… dunque a volte sono pesante e a volte ti do fastidio… praticamente mi detesti!”
C - “Ma no, però se continui così ti mando a fanculo, sappi che ci sono altri uomini interessati a me”
M - “Non sarai mica un‘automobile vero!?, noooh mi sono messo con la mia automobile e non me ne ero neanche accorto… e in ogni caso tutti questi “interessati” sappiano che per il pagamento e la fatturazione devono passare da me! Eheh…”
C - “Ecco, ora mi dai anche della “puttana””.
M - “ahaha, sì, sei davvero una puttana, ecco ora l’ho detto!”
C - “Oddio!... io, ma io, io ti odio!”
M - “Odio anch’io te, piccola”
C - “E ma allora chi ci ha costretti a stare insieme!?”
M - “Beh, come dire, scopavamo e ad un certo punto tu hai preteso “qualcosa di più”…
C – “Io ho preteso..!? E tu quindi non avevi la minima intenzione di…?!”
M – “La minima intenzione, certo!”
C – “Non ti sfiorava nemmeno…”
M – “Non mi sfiorava lontanamente l’idea di instaurare una relazione costruttiva con te…”
C – “Ma sei uno stronzo…”
M – “Sono uno s-t-r-o-n-z-o-n-e… ahah come nel film di Fantozzi “Direttore, lei è uno s-t-r-o-n-z-o-n-e!””
C – “La prendi anche a ridere… ma non ci posso credere…”
M – “ Senti evita di piagnucolare e di rompermi i coglioni perché sta cosa qua dell’amore e del rapporto l’hai voluta tu ed io ti ho accontentata perché non riuscivo a dirti di no e quindi ho fatto pure troppo per te…”
C – “Troppo per me… !? certo che sei veramente una merda!”
M – “Scopiamo?”
C – “Ma sei pazzo?”
M – “No, hai appena detto che sono una merda…, preferisco merda a pazzo.”
C – “Non ci riesco a credere…”
M – “Dai su, Vissino mio, non fare così, sai che il nostro è un rapporto speciale…”
C – “Ora non cercare di sviare..”
M – “Piccola, ma quale sviare, è che i tuoi occhioni dolci mi fanno mancare le forze…e se guardo le tue labbra muoio per un tuo bacio…”
C – “Ora non mi guardare così. Sono arrabbiata, e sai che anche io non resisto quando mi guardi così…”
M – “E’ l’unico che posso rivolgerti, tesoro mio, il mio sguardo d’amore è solo per te…”
C – “Amore mio, vieni qui, stringimi, non litighiamo più…”
M – “No, non litighiamo mai più!”

G_

Dormiveglia


Non posso farci niente se i demoni del dormiveglia m’accompagnano poi per tutta la giornata, quei diavoli ostili che da ogni angolo della casa, della città, dalle finestre, dalle porte della mia rumorosissima casa mi osservano. Le loro bocche offrono soggiorno a lunghe lingue cenerose, furie urlanti il cui grido trapassa l’aria, pieno d’odio da riempire di terrore anche le più ripose pieghe dell’anima.
In qualsiasi stato emotivo, mentale o fisico io mi trovi, sono perfettamente in grado di indurre al mio corpo uno stadio intermedio tra il sonno e la veglia. Mi è sufficiente rilassare le membra di tutto il corpo fino a sentire un leggero brivido di freddo dietro la schiena che, scivolando giù per lo scroto, arriva e si ferma alla pancia. La pancia trattiene il brivido restando immobile per evitare respiri eccessivamente lunghi consentendo così al resto del corpo di sentirsi svincolato, separato dalla pancia che è il centro, il legame e che diventa un vuoto, un buco.
Poi le gambe. Sento che mi si staccano le gambe dal resto del corpo, che prendono a camminare da sole. Accompagno poi tutto con quella cosa bellissima che faccio sin da quando sono piccolo che è di perdere la messa a fuoco della vista. Divento quasi cieco pur vedendo. Vedo solo ombre e nessun contorno. Vedo i pixel degli oggetti. E così mi viene da pensare che siamo sistemi di pixel che si muovono autonomamente, noi non ci possiamo fare niente, noi non esistiamo. Esistono solo i pixel che compongono il nostro organismo principale che prende la forma chiamata “corpo umano”. Esso a seconda della fortuna del caso assume forme bellissime, meravigliose, come quelle di alcune donne, oppure forme orrende come nel mio caso. I pixel sono imprigionati in questa sovrastruttura creata da loro stessi secondo la quale devono necessariamente fare sistema anche qualora non si sopportino. Che stupidi questi nostri pixel.

Tuttavia questi stupidissimi pixel possono diventare creature tanto tenere quando piangono o sorridono; ma diventano cattivissimi e spietati quando serrano gli occhi in fessure terribili. Piano piano gli stupidissimi pixel si trasformano in demoni simili a quelli del dormiveglia.
I diavoli ostili del dormiveglia mi fanno diventare più stupido del solito, più stupido dei pixel di cui sono composto. Sono marci dentro, qualcosa di marcio da eliminare, recidere come gli spasmi della solitudine che cerco di superare con la velocità della macchina dei miei sogni di bambino.
Ho deciso di chiamarlo B. È lo spirito maligno ed ostile che da ogni angolo della casa, della città, dalle finestre e dalle porte mi osserva; la sua bocca offre soggiorno ad una lunga lingua cenerosa e glabra. Furia urlante, il cui grido trapassa l’aria, pieno d’odio da riempire di terrore anche le più ripose pieghe dell’anima. Non riesco davvero a risolvere i miei enigmi riguardo a tutte le creature fra le quali ho vissuto e vivo in dormiveglia, ma i demoni neri dalle mani rosse stanno diventando superbi: si stanno cibando dei miei pixel, lasciandomi diventare vecchio, rugoso, pallido e stanco. Devo riuscire a liberarmi da questo che non è un sogno, non è un incubo, non è la realtà, non è l’irrealtà. Devo tornare a vivere le mie ore assolate e consapevoli. Ma sono un sistema di pixel, demoni indiavolati almeno quanto i miei demoni del dormiveglia. I demoni del torpore venoso.
Ho svelato il mio segreto, finalmente l’ho svelato e mi duole come una scottatura che prende freddo, si drizzano i peli e si gela lo stomaco.
In dormiveglia le parole mi tornano alla mente ripetitive e tormentose. Dette o non dette, pronunciate appena o urlate, ogni suono, ogni sibilo mi sembra un urlo, un lamento sottile e dolorosissimo. I lamenti mi colpiscono come una bastonata ferisce una bestia indifesa, mani rosse e crudeli dei demoni mi stringono il cuore e non mi permettono di riordinare i peccati da cui vorrei lavare la mia coscienza.
B è una fra le prove più dure che nelle mie giornate devo affrontare. Il problema è rappresentato dal ripetersi di alcuni eventi maledettamente simili tra loro tanto da diventare assillanti. Tutto mi puzza di crema nivea e di piatti di vetro giallo, di preservativi durex e di parole dette a cazzo.
B. si diverte, capisco che gioca con me come chi legge i comportamenti altrui per farne scienza. B sfugge. Viene e poi se ne và. Poi torna, ma solo per riandarsene ancora, e solo, ancora una volta, mi ritrovo solo.
Ora sarei pronto a pungermi con uno spillo per risvegliare i sensi, fino anche a trovare il sangue. Ma mi lascio vivere da B. e forse è più semplice addormentarmi.
Ho sempre sonno.

G_

Suicidio



- Ciao M. come stai?
- Bene grazie G_
- L’hai fatto?
- Si, l’ho fatto.
- E allora?
- E allora nulla l’ho fatto e basta.
- E lui?
- Lui non ha mosso un pelo
- Ti sei ricordato di tutto?
- Si, certo, erano solo poche cose.
- E la macchina?
- La macchina è stata ritrovata.
- Gemma era li con te?
- Sì c’era anche lei, ma cosa vuoi ora?
- Cosa ha detto?
- Ha detto che era per il mio bene
- È rimasta tutto il tempo li con te?
- No, poi dopo qualche ora è andata via
- E sei rimasto da solo?
- Sì, solo!