Lettere di amici [008] - Nella Pancia del drago volante - di Ettore Mirelli

Sono cinque mesi che ormai Annamaria vive quasi quotidianamente nella mia stanza, portandomi ogni volta un piccolo dono. Resta seduta o stesa sul letto, avvolta nella sua apparente assenza di pensieri, persa nella propria sfasatura temporale che cancella quasi tutti i ricordi del giorno prima, lei è immutata nel tempo che passa. Non so davvero quali assurdi meccanismi sono scattati nella sua mente per non ricordare un passato che l'avrebbe uccisa con la propria triste conclusione, così a livello inconscio aveva deciso di non ricordare più. Qualsiasi cosa brutta che potevo dirle o farle lasciava il tempo che trovava: qualche lacrima leggera, una risata isterica, una pausa di silenzio e tutto ritornava nella stessa immobilità di prima.Credevo nel grande destino dell'uomo fuori dal comune, credevo nella bellezza della terra con i propri migliaia di paesi da scoprire, credevo nel volo degli uccelli e nella bellezza delle loro ali piumate, credevo nelle donne, nel loro fascino, amavo le loro lusinghe, sfidavo le loro trappole. Credevo nella sana competizione dello spirito cameratista tra uomini forti e nobili, credevo nella creazione di un mondo nuovo dove ad agire sarebbe stato l'atto puro, compiuto con piena passione, nel compimento di una missione trascendente e nello stesso tempo atto d'amore fine a se stesso. In tutto questo avevo creduto ed avrei usato la penna come martello per abbattere le vecchie illusioni del passato, e come bacchetta incantata per costruire la dimora di un nuovo uomo, superiore rispetto alle necessità del vivere, irrazionale, sensista, padrone magico di tutti gli elementi, protagonista di tutte le leggende. Ma di questo uomo ora non riesco a vedere se non l'ombra perdersi nell'oscurità della mia stanza, ed è per quest'ombra che io vivo, riposto da parte per non nuocere col veleno della mia fantasia alle anime operose e diligenti che fanno ruggire i propri motori sull'asfalto.Annamaria è qui anche adesso che sto scrivendo, è sempre stata qui da quando ho iniziato a scrivere, e mi ha sempre guardato in silenzio col suo volto deformato di donna. Ogni pagina di questo romanzo è bagnata un poco del suo sguardo muto. Di tanto in tanto quando non mi sento in vena o sono troppo ubriaco per scrivere facciamo l'amore contorcendoci in una danza della sofferenza. Lei ricorda vagamente il passato lontano ma non quello prossimo, dimentica qualcosa di brutto e poi soffre senza sapere perchè. Il mio dolore invece è presente e bugiardo, lo contemplo con occhi estranei come ho sempre fatto con le cose che mi hanno riguardato. Telecomando il mio corpo disinteressandomi a volte delle sue avventure e forse per questo la mia storia mancherà di logica o continuità, ma scriverla mi aiuta a conoscere quel qualcuno che dovrei chiamare IO.Cara Annamaria probabilmente non sono diverso da te, la tua mente è una divoratrice di ricordi, la mia un ignavo, pallido fantasma che rifiuta se stesso, fugge altrove ogni volta che è chiamata a prendere una situazione in pugno, in orizzonti tanto belli che avrei il desiderio di chiamare poesia, ma sarebbe ormai stupido non ammettere che la radice ultima di queste esperienze, sia la mia malattia.



Non conosco la risposta a qualsiasi cazzo di domanda. Qualche saggio del passato consigliò di seguire solo strade che abbiano un cuore, viaggiando con audacia sul sentiero tracciate da esse e vivere ammirando, ammirando senza fiato il miracolo della vita. Io ho fatto così, ma che succede se la propria strada ha un cuore malato? Si finisce con lo sperimentare la più totale distruzione, e forse da questa rinascerà qualcosa, magari la grazia, volto solare della disperazione.Guardo il futuro, mi piacerebbe andare a Cuba, con i soldi che mi ha dato Annamaria sino ad ora, imbarcarmi su qualche nave mercantile a Napoli, Genova o Lisbona, non so. Il problema è che non riesco più a distinguere un progetto da un sogno, e forse è giusto che sia così.Ora basta! Sotto questo treno non ci sono più binari ed il deragliamento è ormai inevitabile, appena oltre il confine del CAOS, forse impazzirò definitivamente o forse no, forse voi che avete in mano questo libro sarete le uniche persone a conoscere la mia storia o forse no. Non voglio molto da voi, solo un pensiero ogni tanto, una immagine di me trasfigurata dalla vostra visione. Perchè? Perchè penso sia un bel modo di morire l'essere condannato a rinascere diviso in innumerevoli frammenti sparsi per il mondo, conficcati ciascuno nell'angolino buio della mente di qualche squilibrato avventuriero, o sotto forma di dubbio nella mente di qualche pacata persona serena.

Stappo una nuova bottiglia di vino ed Annamaria sorride senza riuscire a spiegarmi il perchè. Mano nella mano silenziosamente, ci tuffiamo nella notte, nel suo consueto bagno di luci bianche e rosse lungo il fiume d'asfalto. Lei sorride. ma ormai ho capito che non c'è bisogno di nessuna spiegazione, perchè.........perchè siamo poesia sottaciuta, morente sulle labbra, poesia discreta nella propria nobiltà, il suo silenzio è anima. Biondi alicarnassi traballanti ci scambiamo occhiate semaforiche superando strade ed incroci, immersi in un odore di sapone e piscio. Lei è impacchettata come una banana urbana ed odia la rotondità delle sue mani fasciate d'oro. Il mio sguardo precipita tra le cosce di una pubblicità, mentre i giornali svolazzano come grigie farfalle di carta piombata. Noi siamo cittadini del mondo sghignazzanti e silenziosi, studenti della vita animati e sciocchi, siamo vecchietti fragili attaccati al tempo attraverso l'intermittenza di un cellulare, ascoltando i nostri respiri lenti, Noi siamo poeti che toccano il grifoglio della calda carne butterata e sfiorano i propri sorrisi di seta candida. Fredde tubature sono i nostri violini ed una pioggia fredda la nostra plecente di indifferenza.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho pianto, grazie Ettore vedo che la tua Parola cresce respira resiste... un bacio all'assenzio!

Anonimo ha detto...

Grazie a te per le tue parole. Alle volte mi chiedo se i lettori esistano davvero. Scrivo, scrivo e scrivo per giorni interi senza nessun riscontro, fino a quando il confine tra creatività e schizofrenia diventa labile e non ci sono più nè risposte nè certezze, se non il mercurio delle parole che continuano a scorrere disegnando mondi di sangue e sogno che non hanno nulla a che fare con la realtà, o forse costituiscono proprio il cuore pulsante della realtà. Quella vera, quella dell'uomo, quella che non interessa più a nessuno.
Sono venuto a cercare tracce di me nel mondo ed ho trovato il tuo commento, è stato come incontrare un amico in una terra molto lontana. Grazie mille. Un Abbraccio. Ettore.