Un gravissimo problema

Spesso mi faccio coinvolgere in cose che neanche io so. Pensa che una volta da piccolo ero a casa di Peppa Rabio, la moglie dell'avvocato Resetta, colto e viscido figlio di puttana. Tutti si riunivano per giocare a carte a soldi. C'erano i tavoli, anzi no, le tavolate di avventori dei giochi a carte a soldi. Gente sempre diversa, gente che odorava molto forte di quei profumi da bancarella, che oggi costano un cazzo "con l'avvento dell'euro e dei cinesi".
Io, l'avvento dell'euro, detta così, me l'immagino come un azzannamento al collo da parte di qualche animale strano. E l'avvento dei cinesi invece me l'immagino tipo l'avvento del Cristo tra il popolo ebraico, che non seppero cosa farsene, tanto quelli li, pur non avendo la terra, avevano comunque i soldi. E invece, in verità in verità vi dico, che l'avvento dell'euro ci ha salvato il culo dal rischio di andare a comprare il pane con il carretto per poter contenere tutte le banconote necessarie a... E l'avvento dei Cinesi sta servendo a tenere bassi i prezzi e a far venir fuori di quelle magagne! degli imprenditori/bottegai italiani.
Comunque, quel giorno, da piccolo, ero a casa di Peppa Rabio, o di Maria Dauria, ora ricordo che non ricordo perfettamente, poteva essere anche Maria Da uria sì, moglie di Ettore Aiala, l'avventrice (o avventora?) che ospitava la cordiale compagnia; ipocriti, una massa di ipocriti e falsi. Tutti democristiani. Ma immaginate che cosa poteva essere una festa di democristiani all'epoca? All’epoca di quando ero piccolo io dico. Sorrisi da hostess, sguardi carichi di invidia.. "mio figlio alla luiss.. mio figlio in erasmus... mia figlia a danza.. mio figlio a chitarra.. mio figlio a Portogallo..!" mio figlio sti gran cazzi. Non c'era un comunista neanche a pagarlo, perdio!, non uno. Non c'erano spinelli né troppissimo alcool. Però c'erano le puntate a settemezzo. Non troppo alte, siamo tutti codardi figli di dio e bastardi figli di puttana che ci venga il cancro all'anima a tutti e “soprattutto a mia moglie” si diceva. O almeno era ciò che avvertivo nell’aria. In questa atmosfera per nulla da commedia alla Moliere, anch'io mossi i primi passi nell'ebbrezza del gioco. Facemmo con i ragazzi, con tutti i figli delle coppie lì presenti un tavolo a parte. Più piccolo. Il tavolo dei bambini per l’appunto. Il problema è che lì non c'erano molti bambini. I più piccoli eravamo io e mia sorella. Quando sei piccolo, essere il più piccolo è sinonimo di essere più sfigato, soprattutto se hai gli occhiali. Poi mano mano che cresci diventa il contrario. I cinquantenni sono dei pirla e i ventenni dei grandi. I sessantenni sono puzzolenti e ignobili, i ventottenni sono lesti e responsabili, creativi e pronti di riflessi, cazzuti e si scopano sia le quarantenni che le ventunenni.
Iniziammo, ad ogni modo, a puntare anche io e mia sorella. E il gioco non era leggerissimo. Nel senso che qualche cento lire la puntavamo anche noi. Io mi stavo divertendo. Stavamo perdendo tutto. Io e mia sorella. Ogni tanto riempivamo dalla fonte “papà” che vinceva nel tavolo dei grandi su Ettore Aiala, che invece perdeva, e suo figlio Marcello che invece vinceva su quello dei piccoli. E così Marcello toglieva a noi che prendevamo da papà, che prendeva da Ettore Aiala, che prendeva a sua volta da Marcello che vinceva a vuoto perché tanto l'eroina non se la sarebbe comprata se non prima di qualche anno dopo, con Corrado Resetta, il figlio i Peppa Rabio e dell’Avv. Resetta, l'avvocato, che mi sembra l'avvoltoio e non solo per un banale gioco di iniziali del titolo.
Insomma, tutto andava come nella vita, io prendevo da lui, quello prendeva dall'altro e siamo tutti contenti.
A un certo punto mia sorella fa la “sorella più grande” e, per vedere cosa accadeva se qualcuno diceva “banco” anche senza avere un mezzo punto in mano, chiese a me di farlo e io, ignaro della disavventura che mi sarebbe accaduta da lì a poco, dichiarai ad alta voce, “Banco!...”
Quegli stronzi bastrdissimi di ragazzacci più grandi, tutti quasi più grandi di me anche di dieci anni, non dissero nulla. Da buoni piccoli democristiani, anche loro, iniziarono il giro che, quando finì senza che io neanche giocassi, mi guardarono tutti insieme come una banda di coyotes del Texas, mi dissero - avevo cinque sei anni! – “devi pagare quattordicimilacinquecento!”
“Quattordicimilacinquecento!?...” ma io non lo sapevo neanche dire, quattordicimilacinquecento. E mi voltai verso mia sorella come a chiederle, "che storia è questa, pensaci un po’ tu", ma lei fece finta di nulla, come a dire, "che diavolo vuoi?, hai detto tu !".
E io lo dissi a mio padre. Da buon comunista denunciai il fatto. Mi ricordo che mio padre dovette aprire il portafogli mentre diventava tutto rosso per pagare quattordicimilacinquecento a un gruzzolo di bambini indemonicristianizzati, che era molto più di quanto avesse vinto a carte quella sera contro Ettore Aiala. Poi pensò a rimproverare mitemente, come sempre mitemente ha fatto, mia sorella, caso mai si dovesse risentire, e ignorando me, ce ne tornammo a casa prima di tutti.
Ettore Aiala dovette spendere molti più soldi di quelli che Marcello vinse contro di me quella sera perché, dopo avergli dovuto inconsapevolmente comprare eroina, dovette poi molto consapevolmente pagargli le cure di disintossicazione in clinica. Anche Corrado Resetta, figlio di Peppa Rabio e dell’Avv. Resetta, l'avvocato, anch'egli avvocato ora, dovette disintossicarsi, ma secondo me senza case di cure specializzate, a casa sua. Sono molto ricchi.
Al ché forse mio padre preferì lasciare quelle quattordicimilacinquecento lire sul banco a Marcello e Corrado anziché rischiare di vedere suo figlio spegnersi dietro una siringa, che, se succede agli altri è un fatto eclatante di cui parlare, se succede a te, è un gravissimo problema.
G_

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