Lettere... incomplete da Barcellona - di Antonello Pinto [003]

1.

In fondo è inutile nascondersi dietro un dito perchè si rischiano solo figure di merda. L'amore non esiste, è solo uno stato mentale fastidioso che ti fa sembrare di fare molto quando alla fine non fai un cazzo.
Quella sera a plaça real come al solito i giris erano la maggior parte; ubriachi, intorno alla fontana, con qualche moro o negro africano che girava lì intorno, magari per dargli una crepa col fumo o meglio ancora con la bamba. Da quando mondo è mondo tutti lo sanno, non comprare mai cocaina per strada, pure mio padre lo sa, cazzo!!!
I pakistani giravano come satelliti impazziti, ma tranquilli, per la piazza con le loro estrella dahm e la loro aria sorniona.
Sono i migliori. Se rinascessi e mi capitasse un paese musulmano vorrei fosse il Pakistan. Non c'è niente da fare, mi stanno simpatici, sono onesti commercianti nati, sanno vivere in qualsiasi luogo del mondo senza spogliarsi di uno straccetto della loro cultura. Sono invulnerabili. Parlano solo hurdu anche se stanno in un paese straniero da tutta la vita. Persino i bambini sono così.
Io, Neus e Laura entriamo in un bar, ci sediamo e a turno andiamo a prendere da bere, tre cubata, per tre. Parliamo del più e del meno ma in maniera divertita ci troviamo bene, e la serata sembra andare per il verso giusto.
Domani non lavoro. È l'unica cosa che penso in alcuni momenti e mi riempie di gioia. Passate le tre i bar come in tutte le città che si rispettino non servono più alcolici. Che palle dobbiamo andare in un club. Una discoteca proprio al lato, vedo che la piazza segue nella sua notte turistica e avvinazzata. Devi notarlo il grigio giallo degli edifici stona molto con la pinta che vorrebbero dare alla città vecchia per farla appetibile agli stranieri e trasformarla in un centro commerciale a cielo aperto come Roma, Parigi, Londra, Berlino, Stoccolma, Budapest, e chi più ne ha più ne metta.
Entriamo finalmente nel club.
Come al solito gli stravolti ci travolgono. Se stai con due ragazze in discoteca ti rendono la vita impossibile....

2.

La linea gialla di barcellona è molto accogliente, prima per ogni fermata avvisavano dicendone il nome, adesso, da quando il nastro per un po’ di volte si è invertito dicendo i nomi delle fermate sbagliate, non avvertono più.
Non accade molto ma quando qualcosa è nell’aria, lo senti dalla mattina.
Ieri mattina al Fresco Co sembrava tutto normale. Il pensiero di dover fare il doppio servizio mi deprimeva, e quando sono entrato neanche l’aria calda della califazione mi dava il solito sollievo.
La mattina tutto è andato come al solito, non è venuta tanta feina, ma ero particolarmente ansioso, di un ansia felice, euforica. Trattavo i clienti meglio del solito, parlavo spagnolo abbastanza velocemente, nei miei limiti, e mi muovevo molto velocemente intorno alle
mesas del locale. Pensavo che fosse per il fatto che avevo dormito e non per una specie
di sesto senso....testosteronico...che invece si è rivisto la sera. Alle 6 sono uscito, dopo un lauto pasto, sentendo sul viso tutto il freddo del vento tagliente delle strade cerca la Rambla de Catalunya, e l’euforia, che fino a prima di mangiare era più che viva mi ha abbandonato.
Sono tornato a casa un po’ stanco e sono riuscito solo a scambiare quattro chiacchiere con Genis e Alfonso, un giro per cercare un colchon per Gianis su Carrer Verdi e la via che la incrocia, e poi di nuovo al Fresco Co.
Prendo la metro e arrivo molto prima, almeno 20 minuti, scambio i soliti convenevoli con la filippina alla barra delle verdure e con la encargada Jessica, mi sono messo la divisa verde e quando sono uscito ho fatto qualcosa, Jessica col suo culo gordo mi diceva di volermi insegnare a battere col registratore di cassa, cosa che ancora mi rifiuto di fare per via della troppa vicinanza con i soldi, mi sembra che ci provi... ma mi farei fare solo una pompa, ha delle belle tette, penso che le verrei su quelle tette giganti e sode e un po’ pure sulla faccia, per vedere se il suo sorriso tanto simpatico svanisce.
Aiuto Ikhram e Mustafa in cucina, e poi mi metto in sala, è abbastanza lento, ma non come le altre sere, il lavoro c’è, non passo molto tempo senza fare nulla.
Fino alle 11 tutto bene, ma alle 11 in punto entrano 4 ragazzi, non ci faccio molto caso, una davanti dice "no me tocar el culo!", e ride ad alta voce, ma non sguaiatamente, come fanno le coatte.
Non ci faccio molto caso, i catalani sono molto vivi, sono scene abbastanza frequenti, anche in una specie di Fast Food salutista stile Buffet libero.
Sto parlando con la Filippina Vietcong che mi spiega come si pulisce la macchina del"caffè", se così si può chiamare, e alzo lo sguardo con un gesto quasi istintivo, la vedo, mi guarda, le sorrido, lei sorride, io mi giro, continuo a lavorare, continuava a guardarmi. Che bella!!!!!!!!
Mangiamo, io la filippina, Jessica, Ikhram e Mustafà. Jessica mi dice, "la mia amica ti dice che sei guapo!".......mai successo, mai successo in vita mia che una tipa di un metro e ottanta, il viso come quello di una modella di una pubblicità di prodotti per la pelle delle teenager, e un corpo da olimpiadi pret a portè mi dicesse che sono guapo mentre lavoro in un locale per famiglie che assomiglia molto alla mensa universitaria, quella di Economia.
Tremavo ma non lo davo a vedere. Con la scusa di raccogliere un piatto mi avvicino al tavolo, la tipa mi chiede come mi chiamo, mi dice che è russa ma gli amici la incalzano... mi dice che è cubano italiana, ma non parla una parola di italiano, si chiamo Lubia, che a dir suo significa AMORE.... amore amore amore. Dopo un paio di puntate al bagno, con sottofondo di risate di un pakistano e un indiano, che a quanto pare possono unirsi a prendere per il culo un nemico comune, IO, mi chiede se voglio uscire con lei e i suoi "amici", le dico di sì, non io, il mio pisello...le dice di sì. Usciamo verso l’una o poco dopo, non faccio caso all’orario, ma Jessica rosica perchè c’ha il novio che la aspetta a casa, o il marito, comunque non può. Io si.

A.P.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Navigando per le immensità della rete, durante una delle mie notti insonni,in attesa che albeggi, sono incappato in questo tuo blog.
Da una prima sensazione di felicita sono precipitato nello sconforto, perche, a dirti la verita, ho un dubbio, che adesso provo a descriverti.

Da una parte debbo dirti che rimango piacevolmente sorpreso del fatto che riesco nuovamente a rincontrarti casualmente, visto che adesso viviamo addirittura a piu di 2000 km di distanza..con la possibilita che mi dai, di venire a sapere frangenti di tua vita vissuta della tua vita attuale. Dall'altra parte pero rimango anche piuttosto perplesso di quale possano essere le potenzialita di questo nuovo incontro "in silico", piuttosto diverso da quello a cui ero abituato fare con te, visto che siamo cresciuti nello stesso quartieree abbiamo condiviso tante cose reali.
E allora, mi chiedo, dovrei forse ringraziare il potente mezzo che è Internet che mi da la possibilita di rincontrarci anche se "in silico"? e cosi rivalutarlo a attuale mondo migliore possibile?

oppure devo ammettere che la modalita di questo incontro è la sintesi della mia decadenza emotiva che è in grado di esprimersi oggi con te solo attraverso una tastiera e uno schermo LCD?
Beh, non puoi negare che i miei dilemmi rimangono aspri a distanza di anni, e di questo se eventualmente me lo riconoscessi ne rimarrei narcisisticamente soddisfatto.

E allora non mi rimane che sviscerare i motivi dei miei dubbi e a chiarirli al gentile lettore che decidera di soffermarsi nella lettura del tuo blog, dei miei dubbi riguardo la evidente sublimazione che si ha
quando 2 storici amici si rincontrano per caso "in silico" su internet. E nel fare questo semplicemente racconterò come ci si incontrava e quello che si faceva un tempo, quando internet ancora doveva essere inventato.



Erano i primi anni 80, avevamo 7 o 8 anni e vivevamo non sapendolo, nello stesso quartiere, che sorgeva nella periferia ovest della citta di Latina, piangente cittadina a 60 km da Roma, che in quegli anni conosceva un vero boom di emigrati da tutta italia. Ricordi il nostro quartiere all'inizio? Era fatto di niente.
C'erano escavatrici, gru e cemento, gettato per le fondamenta di case in costruzione, e terra incolta, un tempo pascoli di pecore dei pastori sezzesi. Poi niente strade, niente giardini, niente campi da calcio, niente centri commerciali e poche poche famiglie.
Ricordo che la prima sensazione di solitudine l'ho provata prestissimo, proprio in quel frangente, io che venivo da un paesotto di antiche origini, Fondi, dove tra piu di 20 cugini e zii e zie e nonni, avevo trascorso felice la mia primissima infanzia. Ricordo che i primi tempi di latina sono stati durissimi. Avevo 7 o 8 anni. Non di rado sparivo da casa e mi dirigevo al ponte della pontina nel tentativo di scappare da quel posto che a me nn piaceva e tornare al mio paese di origine, Perchè? semplice, li non conoscevo nessuno e a FOndi invece c'erano le persone che piu amavo. Allora, i miei genitori pur nella vergogna del caso, erano costretti a dare l'allarme e loro insieme a qualche vicino ancora sconosciuto erano costretti a sguinzagliarsi per il quartiere per scovarmi. Puntualmente mi ritrovavano sulla pontina ovviamente direzione Fondi, e mi riportavano nella mia nuova casa con tanto di pianti e disperazione da parte mia e loro che non capivano cosa frullasse nella testa di questo loro strano figlio. A distanza di anni questa la giudico una delle cose piu rivoluzionarie da me tentate in tutta la mia vita; cosi presto ero gia capace di riconoscere un mio bisogno, quello di vivere tra persone amate ed ero pronto a combattere per soddisfarlo, cosa che invece piu avanti negli anni mi sarebbe riuscito difficile fare.
Ma ovviamente quei tentativi erano destinati al fallimento, la famiglia a cui appartenevo viveva li e fatalmente dovevo accettarlo.
Il tempo fa giustizia di tutto e passando voracemente si dice lenisca tutti i dolori... e in effetti cosi fu.
Un bel giorno nel mio girovagare in un giorno di estate, solo come un cane, con la bicletta tra i montarozzi di sabbia lasciati dalle scavatrici per far spazio alle fondamenta di cemento di qualche nuovo palazzo, incontro te. Impossibile dimenticare. Eri cosi ciccione che non mi spiegavo come facevi a stare in sella a quella bicicletta, indossavi un paio di occhiali marroni con lenti spesse che ti facevano gli occhi enormi. Per questo ti ho riconosciuto subito: eri quel tale che veniva in classe 3 elementare con me e che non si separava mai da quell'album delle figurine di espana 82, quando l'italia aveva vinto i mondiali con Bearzot.Il mio primo ricordo di te è proprio questo che spiegavi a tutti i bambini nella scuola che quel pupazzo disegnato sull'album era la mascotte di espana 82; ma io da subito avevo capito che eri senza speranza... quell' album non l'avresti completato mai; troppo poche figurine ti compravano i tuoi ma proprio per questo mi eri simpatico assai. Quando ci siamo riconosciuti su quel montarozzo come compagni di classe, ci siamo subito abbracciati, increduli del fatto che abitavamo cosi vicini. Un amico! finalmente avrei avuto un amico, ne ero sicuro. intorno a noi, la terra marrone di campi incolti, laghetti spontanei di acqua piovana, con rane ,girini,salamandre e poi boschetti tanti, di eucalipti centenari che aspettavano solo di essere visitati.
Tra i nostri giochi piu belli e interessanti c'era proprio quello degli esploratori un po come qui quo e qua: ci inoltravamo nella campagna incontaminata per dei sentieri tracciati chissa come e trovavamo di tutto: teschi e ossa di animali ad esempio, forse di pecore o mucche, per noi erano una vera scoperta, ci fantasticavamo su con chissa quali storie; passaggi segreti tra rovi intricatissimi che conducevano a boschetti di eucalipti che a ciascuno davamo dei nomi, ricordo il boschetto di nonna papera chesi trovava vicino a un campo di fave che puntualmente andavamo a saccheggiare, rincorsi dai figli dei proprietari che ci aspettavano nascosti per tenderci una trappola. Poi, fondammo una societa segreta che duro una sola estate , insieme con un altro bambino di nome Edoardo, la R.E.A. come le iniziali dei nostri nomi e ce li tatuammo sul braccio con una penna blue e allora ci guardammo in faccia l'un l'altro ed eravamo felici, perchè sapevamo che non eravamo piu soli. Noi della R.E.A. avevamo il compito di esplorare quel territorio veramente selvaggio. RIcordo troppo bene l'emozione che provavamo nel percorrere quei sentieri tra i campi sotto il sole estivo e procedevamo cantando filastrocche che ci insegnavi tu, ne ricordo una e la dico: palle palle palle rosse e gialle siamo i rompiballe dell'universita. il professor di storia studiando storia antica si accorse che anche eva pisciava con la fica!. che gusto! e poi davamo i nomi ai boschetti, passavamo sempre vicino a quella casetta fatta di lamiere dove viveva un uomo anziano solitario, che tutti chiamavano il pazzo e aspettavamo che ci vedesse per poi scappare impauriti dal fatto di essere rincorsi. Ricordo le incursioni nella scuola elementare dietro casa nostra fatte di pomeriggio entrando da una finestra aperta e la fuga rincorsi dal custode perche avevamo fatoo scattare l'allarme mentre ci aggiravamo tra le stanze e i corridoi vuoti manco fossimo i protagonisti di un futuro mission impossible.

E cosi i giorni a un tratto, si facevano finalmente interessanti e felici.

Ricordo anche un laghetto che con le piogge estive si formava spontaneamente nella terra argillosa; ci incontravamo lì e davamo sfogo a tutta la nostra violenza infantie e adolescenziale; letteralmente catturavamo rane, lucertole, girini, e salamandre semplicemente per il gusto di farlo come facevano gli altri bambini.e sapevamo essere molto crudeli con questi piccoli animali, ceh ci divertivamo a massacrare. sembrerebbe che sia normale che i bambini in una loro fase evolutiva esprimano sadismo verso gli animali; ricordo anche che a un certo punto ho pianto tantissimo per quello che facevo e giurato che non avrei piu fatto quelle brutte cose. nel frattempo passavamo anche il tempo litigando con i bambini degli altri palazzi, nostri rivali, e allora ci preparavamo a uno scontro che per fortuna non arrivo mai, preparando le armi fatti di bastoni pietre e aun certo punto anche di piccole bombe molotv fatte con i bicchieri di vetro dei succhi di frutta e alcool denaturato che qualche sciagurato aveva rubato da casa. In quel frangente ricordo poi che riuscimmo a incendiare il giardino della scuola elementare dietro casa nostra e scappammo tutti a casa mentre i poveri vigili del fuoco arrivati a sirene spiegate salvavano dal rogo sicuro la scuola.
Arrivarono gli anni delle scuole medie, e il destino ancora una volta volle che capitassimo nella stessa classe; ricordo che ringraziai il cielo per questo.

E allora capii che il peggio era passato, e allora non volli piu scappare da quel luogo perche la mia solitudine di bambino era stata sconfitta, e la gioia, di aver trovato un amico con cui condividere il mio tempo, impagabile.

e ora mi trovo qui, con una tasiera e un mouse in mano, e dovrei essere felice;
in fondo ho ritrovato un amico caro adesso lontano che probabilmente leggerà queste parole, e saprà che sarà sempre parte di me.
Grazie Internet!
Cera